uomo che si gratta la testa
Matteo Favaro

Matteo Favaro

Lost in translation: ma in che lingua parlano questi assicuratori?

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Il contenuto di questo articolo farà storcere il naso a numerosi addetti ai lavori, ma – detto tra noi – ritengo che sia fondamentale affrontare l’argomento. Sono convinto, inoltre, che chiunque abbia veramente a cuore la soddisfazione e la sicurezza dei propri clienti non possa fare a meno di essere d’accordo con me.

Il fatto è che gli assicuratori non sanno parlare in italiano.

No, non è una critica al loro livello di istruzione, o all’ignoranza dilagante che sta avvelenando un po’ tutti i settori.

Tutt’altro.

Gli assicuratori, nella stragrande maggioranza dei casi, sono così immersi nel linguaggio tecnico da aver dimenticato la loro lingua madre.

Parlano in “assicuratese”.

Il che, ovviamente, è naturale e va benissimo quando si è tra colleghi e si vuole comunicare con un linguaggio comune, usando definizioni precise ed espressioni condivise. In sé quei termini non sono sbagliati, anzi è proprio il contrario: sono da manuale. La quintessenza dell’accuratezza.

I problemi iniziano quando invece l’assicuratore ha davanti te, un cliente che non conosce il gergo specialistico e si perde nell’interpretazione di queste parole misteriose.

Sei sommerso da termini come arbitrato, franchigia, premorienza, mandatario, pejus, rivalsa, cliquet… o sigle come AIBA, OICR, RUI, IVASS… di cui  non conosci il significato o riesci a immaginarlo solo vagamente, senza padroneggiarne tutte le sfumature.

Se ti è mai capitato di parlare con un assicuratore o di leggere il testo di una polizza, te ne sarai accorto anche tu: si tratta di un linguaggio veramente ostico. Probabilmente dopo qualche riga ti sei arreso. Oppure, se si trattava di un discorso, dopo un minuto la tua mente ha iniziato a vagare e hai cominciato a distrarti.

Un po’ come quando andavi a scuola e qualche vecchio professore ti ammorbava con discorsi noiosi, complicati e interminabili. Che barba!

Sarai certamente d’accordo con me se ti faccio notare, però, che non è così che dovrebbe funzionare.

Annoiarti e distrarti mentre qualcuno ti parla della tua assicurazione non è il massimo, visto che in quelle parole c’è il tuo futuro. Raccontano cosa ti succederà se un domani dovesse verificarsi un imprevisto.

La tua azienda sarà salva? Oppure vedrai la fine di tutto ciò per cui hai sudato e lavorato?

Capirlo è di importanza fondamentale, per scegliere con consapevolezza.

In quelle parole arcane si nascondono le risposte a tutte le tue domande:

  1. Quali sono i rischi che sta correndo la tua azienda?
  2. Dove iniziano e dove finiscono le tue responsabilità?
  3. Quali sono i rischi che puoi assumerti senza pericolo e quali invece quelli che devi trasferire alla compagnia assicurativa con priorità assoluta?
  4. Che cosa succede se qualcosa va storto?
  5. Come puoi tutelarti nei confronti di creditori, banche e curatore fallimentare per dimostrare che hai preso tutte le necessarie precauzioni?
  6. Qual è la polizza più adatta a te?
  7. Come puoi ottimizzare i costi assicurativi?

Il problema? Il consulente assicurativo ha (o dovrebbe avere) tutte le risposte, ma non sono nella tua lingua!

Mi sono interrogato sulle ragioni che si nascondono dietro questo modo di fare, e ne ho individuate tre.

In primo luogo la maggior parte degli assicuratori vuole dimostrare di essere competente, quindi fa sfoggio del vocabolario di settore per cercare di farsi percepire dal cliente come esperto, un vero luminare delle assicurazioni.

Il che, se ci pensi, è abbastanza stupido, perché il valore di un professionista non dipende da quanto si atteggia a “professore”, ma da quanto è veramente capace di aiutare il suo cliente.

Per alcuni è solo un sintomo di insicurezza. Poiché non sono certi di star facendo il proprio lavoro al meglio, si nascondono dietro i paroloni. Per altri, si tratta solo di appagare l’ego.

Tu però hai già tante cose a cui pensare, tante preoccupazioni e progetti che assorbono la tua mente. È normale non avere voglia di ascoltare un assicuratore che si parla addosso solo per gridare al mondo: “Guarda come sono bravo!”.

La seconda motivazione è purtroppo legata a un preciso intento: quello di venderti la polizza che interessa all’assicuratore invece di quella più utile per te.

Non dovrei dirlo, ma nel settore delle assicurazioni (come in ogni settore) non tutti sono onesti e mettono al primo posto la soddisfazione del cliente.

Inoltre l’intermediario assicurativo spesso non è un consulente, ma solo un venditore: il suo lavoro è piazzare un certo numero di polizze, di un determinato tipo, entro un limite di tempo stabilito, per farsi accreditare sul conto le provvigioni.

Farcisce quindi la spiegazione di termini incomprensibili, con il preciso intento di mettere in difficoltà il cliente, di confonderlo e di fargli dire: “Non ho capito niente, consigliami tu”. Ecco come si conclude la vendita di una polizza totalmente inutile e magari assurdamente costosa.

Qualche volta, invece, è solo un sintomo di pigrizia, stanchezza o superficialità.

Ti assicuro che, per chi fa il mio mestiere, è più naturale parlare in assicuratese che in italiano. Trovare il modo di tradurre i termini ostici in espressioni più comprensibili richiede uno sforzo.

È un lavoro in più, che tanti non hanno voglia di fare.

Anche perché – diciamocelo – usare il linguaggio tecnico è la norma, quindi tanti continuano a fare come hanno sempre fatto e come hanno visto fare da chi gli ha insegnato il lavoro, senza mettersi nei panni del cliente.

Quale che sia il motivo, lo trovo assolutamente dannoso per te. Non riesci a capire qual è veramente il rischio che stai correndo e ti ritrovi con una polizza che non ti copre adeguatamente.

Quindi, quando si verificano gli eventi da cui la tua assicurazione dovrebbe proteggerti, scopri di non essere tutelato. E lì non puoi nemmeno recriminare, perché in realtà l’assicuratore ti ha descritto accuratamente tutto (almeno dal suo punto di vista) e sulla polizza c’è scritto ogni dettaglio… in assicuratese.

Oltre al danno anche la beffa di sentirsi dire: “Io te l’avevo detto, sei tu che non hai capito” da qualcuno che non ha fatto niente per esprimersi in modo chiaro.

Non so come la pensi, ma a me questo atteggiamento non piace per niente. Ho scelto questo lavoro perché mi permette di aiutare le persone a proteggersi dalle tante cose sgradevoli che possono succedere.

Le sfighe capitano a tutti prima o poi, questa è una grande verità che il mio lavoro mi ha insegnato.

In Italia non c’è la cultura del rischio, a differenza di altri paesi, ma tante persone scelgono di assicurarsi solo DOPO che è successo qualcosa di veramente brutto.

Non ci si rende conto che, tanto per cominciare, l’unica assicurazione che funziona è quella stipulata PRIMA del problema (sinistro, incidente, furto, incendio… qualunque esso sia).

Aggiungi a questo il fatto che anche le persone più lungimiranti spesso vengono tratte in inganno da un linguaggio troppo specialistico e finiscono con lo scegliere l’assicurazione a caso, o basandosi su consigli fumosi.

Ti renderai conto del motivo per cui in Italia tante aziende chiudono alla prima difficoltà.

Proprio per questo ho scelto una via completamente diversa.

Ho deciso di impostare il rapporto con i miei clienti su una base di comunicazione e comprensione.

Si parte sempre da una consulenza approfondita. Che dovrebbe essere la regola, ma che tanti assicuratori saltano a piè pari.

In questa fase di analisi, supportato da un risk manager, preparo la diagnosi dei rischi, un report che analizza la situazione della tua azienda. Vengono valutati tutti i rischi che stai correndo, il loro impatto sul tuo patrimonio e le strategie con cui puoi prevenirli, gestirli o – nel caso in cui non sia possibile – girarli alla tua assicurazione.

Questo documento è scritto in italiano e non in assicuratese, e mi assicuro di discuterlo in ogni suo punto con l’imprenditore, per illuminare ogni zona buia.

La fase di analisi costituisce la parte principale del lavoro. Se la si svolge in modo serio e approfondito conduce direttamente a una rosa di polizze che sono veramente adeguate alle tue specifiche esigenze.

Non hai una sequenza infinita di soluzioni, apparentemente tutte uguali, tra cui sceglierne una a caso, sperando di non aver sbagliato. Ti mostro invece quali sono le uniche opzioni adatte al tuo problema, aiutandoti a compiere una scelta consapevole.

Anche in questo passaggio mi preoccupo di aiutarti a comprendere ogni riga del contratto di assicurazione, con spiegazioni semplici e precise.

Ma la particolarità di questo approccio non si ferma qui. Infatti il documento di diagnosi dei rischi viene aggiornato una volta all’anno e mi assicuro che la tua copertura assicurativa sia sempre in linea con le tue esigenze.

La ragione è semplice. La tua azienda muta, cresce, si evolve. E con essa il tuo patrimonio e i rischi che corri.

È ingenuo pensare di poter risolvere il problema una volta per tutte. Man mano che la tua impresa cambia, la copertura assicurativa deve cambiare con lei, per farti dormire davvero sonni tranquilli.

Questo processo di aggiornamento continuo si chiama risk management. Serve a gestire i rischi e le polizze con precisione e chiarezza.

Senza lasciarti immerso nella nebbia  e nella preoccupazione a chiederti:

“Cosa diavolo ho firmato? Non si capiva niente…”

oppure

“Sto proteggendo davvero la mia azienda, o sto soltanto buttando soldi in una polizza inefficace?”

Se credi che sia venuto il momento di vederci chiaro e di scegliere consapevolmente l’assicurazione più adatta a te, sono a tua disposizione.

Per maggiori informazioni  chiama il numero verde 800 694 972 o scrivi a info@intimebroker.it, mi prenderò subito cura della tua richiesta.

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